BOLIVIA

    13 novembre …. HASTA LUEGO BOLIVIA E … GIRO DI BOA!
  
Stamattina all’alba ultimi saluti a Chiara e Milguer e poi … via verso Santa Cruz de la Sierra, obiettivo volo delle 3.40 am x Macapà...
 
Sono stati tanti giorni e tanto intensi che ci pare un po’ siano volati … e, sarà un caso o forse no, ma il giorno del passaggio Bolivia Brasile sancisce la metà del nostro viaggio … caspita son già passati 2 mesi e una settimana …
 
Ma andiamo con ordine:
 
2 settimane fa, dopo qualche peripezia, siamo riusciti a partire col nostro compañero alemano Tobias, giovane chico 19enne muy inteligente y addetto alle relazioni con l’esterno, per l’avventura nel magico sur del paese

Prima tappa: Cochabamba -> Oruro -> Uyuni viaggio della muerte stile Milano Napoli in espresso notturno, sedili non reclinabili, carretera totalmente sterrata, curve da paura, strada costellata di piccole edicole che ricordano i morti della strada, buco nel fondo del bus che lascia passare tutta ma proprio tutta la polvere del terreno, viaggio previsto di 3+7 ore diventato di 5+9 … però adesso abbiam capito perché qua va di moda far benedire i Bus a Copacabana e soprattutto abbiam deciso che è molto meglio viaggiar di notte, quanto meno perché non vedi né le strade né come guidano!!!
 
L’arrivo mattutino a Uyuni è stato accompagnato dalla solita frotta di avventori che prova a venderti di tutto, dai tour nel salar al desayuno, all’hostal …



Facciamo una raccolta di offerte e poi ponderiamo e decidiamo davanti a un succulento desayuno, cercando di salvaguardare qualche paletto base di servizio. Ci affidiamo a Crystal e a Octavio, la “guida” del nostro tour di 3 giorni dal salar a San Pedro de Atacama. Scopriamo 3 compagne di viaggio e di camioneta, Manu, Juliette e Mathilde, francesi atipiche quanto meno perché parlano spagnolo e se la tirano decisamente meno delle loro connazionali.

      
 Il viaggio è da subito sorprendente e mozzafiato: i paesaggi e i colori cambiano alla velocità della luce, partiamo col bianco accecante del salar, le montagnette di sale, poi si aggiungono i cactus giganti e fioriti dell’isola Incahuasi, è tutto straintenso e prima che ce ne accorgiamo arriva il tramonto, che ammiriamo dall’hostal di sal (si sarebbe anche potuto apprezzare dal centro del salar ma il nostro chofer Octavio, ops la guja, ha provato a giocare sporco…) Grazie alla franco portoghese Manue, scopriamo un nuovo fantastico gioco di società, zero, tanto semplice quanto divertente e subito il signor Matti vuol fare quello che vince sempre lui.. tanto caldo di giorno altrettanto freddo di sera il salar: e così la “veglia alle stelle” dura 10 minuti in cui però riusciamo addirittura a vederne cadere 3 (dal freddo credo).

L’indomani colori nuovi ma sempre intensi e increybli: il deserto si fa rosso e giallo e compaiono alcune lagunillas, popolate da migliaia di flamencos di 3 specie diverse….vulcani di 6000m che si specchiano nella laguna … e gran finale di giornata alla laguna colorada, un lago verde, rosso e bianco (no, non è patriottismo) anch’esso pieno di fenicotteri.


Per raggiungerla molto vento ma nessun problema perché era di spalle … al ritorno … sembrava una via di mezzo tra “momenti di gloria” e “Dersu Uzala il piccolo uomo delle grandi pianure”. Penso che sia la zona ideale per collaudare l’aerodinamicità delle auto sportive, senza stare a costruire inutili e cistise gallerie del vento… Intanto il nostro gruppo italofrancoalemano è sempre più affiatato e unito contro le angherie e acidità di Octavio e l’ultimo giorno celebriamo il tutto con uno splendido saluto al sole che arriva in mezzo ai geiser e poi, per risvegliarci bene e riscaldarci dalla gelida notte (che vagamente ricorda l’inverno a Schignano o a Cancano), … pozze naturali di agua caliente, ma proprio caliente caliente!!!!

Il tempo vola e alle 10.30 del mattino siamo alla frontiera col Cile, disbrighi burocratici e poi ci aspetta un minibus per portarci a San Pedro di Atacama. In Cile ti fan subito capire che si credono superoccidentali: controlli estenuanti, cinture di sicurezza, strada asfaltate e prezzi europei! Salutate le francesine incontriamo 2 nuovi compagni di viaggio per i giorni cileni: Ethel, assistente sociale parigina in viaggio da 9 mesi, e Antonio, 50enne manager di Murcia che di punto in bianco si è licenziato ( o è stato licenziato, questo non si è capito benissimo), è volato in Messico e sta scendendo fino alla Tierra del Fuego. Hanno tutti tanti racconti e voglia di condividere, troviamo la miglior sistemazione di San Pedro alla casa del sol naciente, dove veniamo accolti da Fabian e da 2 bottiglie di vino cileno, decisamente bevibili, sebbene siano le 11 del mattino.

La sera ci prepariamo un ottima cena italofrancoalemana e scopriamo che tutti i nostri compañeros sono motorbikers (e un po’ ci viene voglia di motona..), oltre che membri di couchsurfing, un sito mondiale di ospitalità gratuita. Con Antonio, Tobias e Ethel, noleggiamo 5 bici e partiamo alla scoperta della Valle della muerte, che in realtà si chiamerebbe valle di Marte, per le rocce e l’intenso colore rosso, ma il francese che l’ha scoperta non ha capito bene.

 
E’ muy faticoso pedalare nella sabbia, ma le dune, le rocce e i paesaggi con dietro i vulcani innevati, danno modo di scendere, esplorare e fare qualche pausa. Ci godiamo il tramonto tra la valle di Marte e quella della Luna e, tra un racconto e una cerveza viene l’ora di salutarsi … Bolivia rieccoci!!!! Il ritorno da San Pedro a Uyuni potrebbe essere la scena di un film: Land Cruiser nuovo con interni in pelle e chofer Silvio che, a dispetto del nome, è onesto, amabile guida su una strada differente alla scoperta di nuovi paesaggi: steppa e prato bucolico con i lama che si abbeverano al fiume.
 
Seconda tappa: Uyuni -> Potosi, dove arriviamo distrutti a mezzanotte dopo un altro viaggio da paura. Subito ci colpisce questa meravigliosa cittadina che trasuda storia, dolore e ricchezza antica. Nel 1500 scoprirono, gli Inca, immense quantità di argento sul Cerro Rico, la montagna della città, ma purtroppo pare che ne beneficiarono solo gli spagnoli (pare, dico pare, che con tutto l’argento estratto si potesse costruire un ponte da Potosi a Barcellona, e un altro analogo con i corpi di tutti coloro che morirono in queste miniere). Adesso Potosi è una cittadina saccheggiata e ormai povera, ma molto carica di forza, coraggio e dignità: nelle miniere ora l’argento è praticamente finito, ma molte persone continuano a lavorare in condizioni pazzesche per estrarre stagno e zinco. Conosciamo Antonio, ex minatore, e Viky, la sua fidanzata: lui organizza visite nel cuore della miniera, per raccontare e mostrare ciò che fu e che è ora, lei fa la accoglienza in un meraviglioso ostello gestito da un boliviano che vive in Svezia; insieme sono impegnati con i bambini lavoratori e le madri vedove delle miniere, si sono conosciuti studiando trabajo social e sognano di poter dare un aiuto educativo stabile ai giovani costretti al lavoro in miniera e alle loro famiglie (la vita media di un minatore è 35-40 anni…).
Così la mattina successiva, tutti con divisa, caschetto, luce, stivali, pronti a scendere nelle viscere della montagna, dal buco numero 435. È stato come immergersi nella storia antica e recente, coprirsi della polvere che i minatori respirano ogni giorno, masticando coca con cenere o bicarbonato per fare da filtro, per evitare che i miasmi nocivi raggiungano i polmoni, e per non fare sentire la fatica – anche noi che ne abbiamo masticata una quantità limitata ci sentiamo un pochino euforici e con la bocca anestetizzata. Non ci siamo fatti mancare nulla: dalla cerimonia rituale davanti al tio della miniera, creatura inizialmente inventata dagli spagnoli per creare terrore e dipendenza da parte degli indigeni, poi trasformata in una sorta di laro protettore, al quale si chiede salute, prosperità in famiglia e nella miniera, individuazione di un nuovo filone prezioso e soprattutto di poter rivedere la luce del sole ogni giorno, alla fine del turno. Ci siamo trasformati in artificieri-terroristi, assistendo Antonio nella costruzione di un candelotto di dinamite, che poi abbiamo fatto brillare in fondo a un tunnel, attendendo col cuore che martellava lo scoppio, arrivato diretto al centro del petto. Abbiamo strisciato, scalato, visto 16enni spingere carrelli del peso di una tonnellata colmi di minerale grezzo per quattro euro al giorno, regalato coca, gallette, sigarilli ai minatori del turno, scoperto che fumare ti può salvare la vita, perché ti mostra che c’è ossigeno e perché fa abbassare il fumo nocivo dopo gli scoppi della dinamite, scoperto che il presidente Evo non sempre difende i diritti dei minatori e delle loro famiglie, nonostante la ricchezza che produce sia circa il trenta per cento del PIL boliviano, e dopo due ore rivisto la luce del sole come una liberazione, respirato nuovamente aria pulita, sentendo i nostri polmoni perdere pianpiano la polvere inspirata dentro la montagna, riconoscenti ad Antonio per quello che ci ha fatto vivere.
 
Terza tappa: Potosi -> Sucre: viaggio molto piacevole con musica gradevole e strada interessante: aratri tirati da buoi e accompagnati da tutta la famiglia, bambini che giocano in cima a forni di argilla, verde che aumenta piano piano e tornanti che entrano nelle valli. Sucre è la capitale designata dal fondatore della Bolivia, il Libertador Simon Bolivar, e ha tutta l’aria elegante e un po’ arrogante di chi si sente della capitale ma anche un po’ espropriato. La chiamano la ciudad blanca per gli edifici luminosi e ben tenuti, peccato che tutto ciò che volevamo vedere era chiuso per restauro o per fine finanziamenti o chissà perché. Comunque ne teniamo un bel ricordo perché la prima notizia con cui siamo stati accolti in città e all’hostal Quechua Inn è stata una pagina web in puro alemano mostrataci dal nostro amico Tobias di cui abbiamo colto solo un’immagine: la faccia triste e incazzosa di un nano che poco dopo abbiamo scoperto … in dimissione! Piccola rapida verifica su Repubblica per essere sicuri e poi … Gioia, gaudio e tripudio, ma soprattutto, cerveza e patatine per festeggiare!!!!
  A Sucre ci siamo anche regalati una serata al cinema: il mercoledì si entra 2 per uno (tutto il mondo è paese) e il film, Contagio, è stato pure interessante e piacevole (in un comodo inglese con sottotitoli spagnoli) 
Poco prima del cinema ci concediamo anche il lusso della nostra prima jacuzzi! Tutto potevamo pensare, ma non che potesse essere in un ostello boliviano da quattro euro scarsi a notte. E dobbiamo dire che, dopo qualche difficoltà iniziale a capire come funzionasse, con relativo allagamento del bagno, ce la siamo proprio gustata…e spassata!
E l’indomani videotelefonata sorpresa a papà Bruno per i suoi 70anni, con commozione reciproca: carramba che sorpresa!
Quarta tappa: ritorno a Cochabamba, voglia di ritrovare Chiara, Milguer, i bimbi, la ciutadella.. si inizia a parlare di saluti, di arrivederci, di sogni futuri e progetti futuribili… e all’alba di una domenica mattina, abbracciamo Chiara, Milguer e la piccola Elena e partiamo verso Santacruz, primo passo delle 36 ore che impiegheremo per arrivare a Santana, Brasile.

30 ottobre 2011 ... qualche assaggio di Bolivia dopo quasi 20 giorni "stanziali" .. prima di ripartire
 
Rieccoci amici ... da Cochabamba, con il cuore, gli occhi, la mente e la pancia piena delle meraviglie e delle sorprese che quotidianamente la Bolivia ci riserva.

 
La settimana a La Paz è stata molto intensa e varia: abbiamo conosciuto Riccardo, bergamasco nella tempra e boliviano nell'impegno, la sua famiglia, i suoi progetti a favore dei minori in carcere e delle bambine prostitute, siamo stati con lui a El Alto a chiacchierare con queste poco più che bambine con tanta voglia di parlare, altrettanta colla da sniffare e troppe persone ad attenderle ...
Abbiamo avuto i primi stravolgimenti gastrointestinali dopo il mese peruano di grazia alimentare
Abbiamo fatto un giro sulla luna, o meglio abbiamo passeggiato nella Valle della Luna, una zona dal paesaggio lunare dove l'azione della roccia e del vento hanno dato vita a curiose immagini e concrezioni
Ci siamo lanciati in bici a velocità supersonica giù per la strada più pericolosa del mondo, con Iris e Justen, una meravigliosa coppietta di Tromso, dai 4600m della Cumbre ai 1200 del villaggio di Coroico, nella selva... uau che emozione  !!!!!!!!!!!!!
Abbiamo incontrato in momenti diversi persone in marcia per difendere un parco nazionale che rischia di essere attraversato e devastato da una superautostrada che collegherebbe Bolivia e Brasile
Abbiamo scoperto il lato buono della coca, quello della foglia che si mastica, e le tante distorsioni e devastazioni del suo malo uso 
Abbiamo anche iniziato a scoprire qualche controindicazione del nostro essere, nonostante tutto ... inequivocabilmente gringos, turisti, europei (sarà l'altezza del signor matti o i miei finti colpi di sole...), che ahinoi, spesso attiva il bisogno di rivalsa e vendetta del boliviano, quechua, aymara o criollo che sia ... quanta energia sprecata a cercare di non farsi fregare, a contrattare, a chiedere spiegazioni, a trattare le persone e a farsi trattare da persone pensanti e non solo da monederos sonanti ...
Ci siamo gustati appieno le disorganizzazioni boliviane e le incomprensibili lungaggini 
... e poi siamo arrivati a Cochabamba!


Qui siamo stati accolti a braccia aperte nella ciutadela, da Chiara e Milguer, un'altra coppia italoboliviana, dalle educatrici e dai bimbi della casa de lo ninos e siamo stati 15 giorni come in famiglia, a casa ... in una camera tutta nostra, sempre la stessa per 15 notti, strettistretti ma con gli zaini disfatti e le cosine belle ordinate nell'armadio, con la possibilita' di fare la lavatrice e la colazione col latte e il caffe' vero tutti i giorni ... 
Non sono stati esattamente 15 giorni di relax, come non lo sarebbero stati a casa, ma sicuramente ci siamo ricaricati oltre che riempiti dell'energia di chi qui vive e si spende per gli ultimi, della meraviglia dei luoghi dove ci hanno portato, della testimonianza di bimbi, ragazzi, genitori ... ma andiamo con ordine ...
La ciutadella è un piccolo quartiere nella periferia nord di Cochabamba, dove vivono 60 famiglie circa (ciascuna ovviamente per la maggior parte monoparentale e con una media di 5 bimbi), una piccola comunità, la casa de los ninos, che accoglie oltre a noi bimbi orfani e con una voglia di vivere grande come i problemi fisici, psichici e di deprivazione che hanno, una scuola, Arcoiris, per tutti i bimbi della ciutadella, dai 4 ai 14 anni. 
Qui si vive, si ha diritto ad una casa, si prova a vivere come una grande comunità: le famiglie sono raggruppate secondo i colori dell'arcobaleno, così che in ogni gruppo le famiglie più salde, più unite e più forti possano in qualche modo abbracciare e contagiare quelle che fanno più fatica. Si lavora insieme per il mantenimento della ciutadella, una volta al mese c'è il trabajo comunitario, oggi c'è stata una grande festa con giochi a stand, pranzo comunitario e ricchi premi e cotillons... qui si prova a ragionare sempre in termini di scambio e senza passare mai attraverso il denaro ...
Uno dei maggiori problemi delle famiglie qui in cittadella ma in tutta la città di Cochabamba è la chicha, che non è quella che abbiamo noi sulla pancia, ma una bevanda alcolica tipo birra, fatta in casa, ma che si beve nei locali, molto economica, che stermina capofamiglia e madri dal venerdì alla domenica, che finiscono per abbandonare letteralmente i figli per 3 giorni ... 
Siamo stati nella scuola a fare i laboratori coi bimbi ( maracas e pupazzetti), il pane con Patty e Claudia (le 2 panettiere della cittadella), le marmellate con alcune mamme. Una cosa meravigliosa qui è che uno dei "servizi" comunitari è la cucina per la scuola: ogni giorno 3 o 4 mamme cucinano per tutti gli 80 circa bimbi della scuola... altro che Milano ristorazione!!!!!!!
Siamo stati nel carcere femminile a parlare e fare la marmellata con alcune donne 
Abbiamo accompagnato alcuni adulti della cittadella a distribuire la cena ai ragazzi di strada della città: è pazzesco perchè Cochabamba, d primo acchito, sembra una città tipo Milano Marittima ma senza mare, moderna, coi palazzoni, i negozi moderni, il Burger King e il cine multisala ... perchè molte ong e stranieri vivono qua! Se appena appena però guardi un attimo più in là ci sono i bimbi che vivono in gruppetti sul letto del fiume sniffando colla e aspettando come manna il tè e la possibilità di parlare con dei grandi "amici" ...
Ci siamo seduti con il gruppo giovani della ciutadela per provare a raccontare nel nostro spagnolo sempre meno farcito di italianismi e sempre più comprensibile, il sogno del nostro viaggio, quello che ogni giorno ci portiamo a casa grazie agli incontri, cercando di far passare l’idea che Italia e Bolivia possono condividere molti valori e progetti comuni. 
Abbiamo conosciuto Tobias, Alemano diciannovenne, pieno di energia, di vita, giocoso e sognatore, per il quale tutto è “increyble” e col quale partiremo oggi alla volta di Uyuni e il sur de Bolivia.
Ci siamo persi in chiacchiere con Javier, argentino cosmopolita, con il sogno di portare la Bolivia ad una “sovrania alimentare”, col progetto affascinante, che parte dal basso, coinvolgendo i giovani delle svariate comunità locali, di collegare tra loro vari villaggi della selva, del campo e dell’altipiano, barattandosi tra loro pesce, frutta, choclo, papas, mais, uevos, arroz, in modo da ottenere per ciascun villaggio una dieta sana ed equilibrata, base necessaria per uno sviluppo psicofisico sano per le famiglie e in primo luogo per i bambini. 
Ci siamo fatti coccolare dalle attenzioni della Giulia e di Luciana, due nonnette italiane settantenni “vecchiostile”, che stanno fianco a fianco con i bambini in modo materno e a volte un po’ apprensivo, si prendono cura della casa, lavano, cucinano per la truppa inondando i locali di profumi italiani.
Siamo saliti sul Cristo Redentore come quello più famoso di Rio, ma 44 centimetri più alto rispetto ai 33 metri del Cristo brasileiro - perchè secondo i boliviani Gesù era morto a 33 anni e un po'.
Abbiamo provato l'ebbrezza di montare  una decina di persone sul retro del pick-up stile Hazzard, perchè qui si può fare e gustarci un romantico viaggio di ritorno dall'altipiano nel cassone della camioneta, con tramonto incorporato.
Finalmente abbiamo conosciuto Aristide, di Reggio Emilia, ideatore e padre di tutto questo, personaggio carismatico ed enigmatico. 
Abbiamo visitato l’antico convento delle carmelitane scalze di Santa Teresa, affascinante, nel centro della città, scoprendo che sta per essere restaurato grazie anche alla cooperazione italiana, che però si “dimentica” di mettere in sicurezza gli scavi di Pompei…
Grazie a Chiara, Tanja e Marcelita abbiamo potuto scoprire le tante attività e meraviglie di questa zona di Bolivia 
- Nu Nu Mayani: un villaggio in cima all'altipiano, dove non arriva strada nè corrente, dove la povertà è pari alla meraviglia del luogo, e la dignità altrettanto: abbiamo portato pasta e siamo tornati con papas, chuno e choclo
- Parque Tunari, il nostro record di altitudine: 5033m! passeggiate in mezzo ai lama, con l'orizzonte che si perde, sull'antica strada che i chasky (messaggeri inca) percorrevano per arrivare a La Paz 
- Pocona, un pueblito dove Chiara e Milguer provano, con fatica e fiducia, a realizzare il loro piccolo grande sogno: una casa accogliente per tanti, un orto, un campo e tanto spazio per gli animali. Siamo stati 4 giorni con loro, i loro bimbi Elena e Tulio e 2 adolescenti della cittadella, Jonathan e Milton, a lavorare e scoprire... Abbiamo costruito mattoni in terra e cemento, segato e raccolto palitos per costruire un pollaio, vangato e rastrellato, bucato due volte la gomma della gippozza con annesse due ore e mezza per ripararla dal gommista più vicino, cucinato nel forno a legna, cucinato una dignitosa polenta con farina di mais locale e una apprezzatissima "nonvellutata" di zucca con crostini, pagato l’autostrada all’andata ma non al ritorno perché l’addetto al pedaggio “non c’aveva voglia”, osservato il cielo stellato australe con la nostra mappa, elettrizzando Milton, passato una meravigliosa serata attorno al fuoco, visitato le rovine inca di Inkallajta guidati da Jonathan, che “odia” a modo suo gli stranieri e corre come una lippa ...
...e ora siamo pronti a partire ancora, prima per il sud magico, desertico, dove pare soffi un vento freddo che ti entra dentro, ma con paesaggi incantevoli, e poi per tornare al caldo del Brasile. 
Un abbraccio a ciascuno, emi&matti




11 ottobre : e dopo le galletas in galera ... oggi marmella di papaya!!!! per digerire ora museo della coca ..


8 OTTOBRE: 1 MESE IN TERRA LATINA!


Abbiamo festeggiato il nostro primo mese in questa meravigliosa terra arrivando a La Paz, capitale della Bolivia, dopo adeguato e prolungato saluto al Peru, attraverso tutto il Lago Titicaca, meraviglia naturale del mondo, compartito da Peru e Bolivia, dove pare, dico pare, il sole e la luna si siano incontrati per creare il mondo ... isole incredibili, acqua blublublublu (pare ancora che un tempo il lago fosse un mare, cio' lo si deduce da una certa salinita', alcuni coralli e altre amenita', oltre che da spiagge degne della miglior Sardegna), abitanti aymara', e qualche contraddizione che oggi vi risparmiamo...


si perche' il nostro primo impatto con La Paz e' stato scioccante come quello con Lima, solo in modo diverso:  se della capitale peruana ci aveva lasciato senza parole l'infinitudine, l'orizzoonte che si perdeva senza vedere la fine delle baracche e delle case, di La Paz ci colpisce l'esatto contrario. La capitale boliviana sta compattata, osereidire imprigionata, stipata, come un formicaio, o come un ghetto, in una valle a 3650 metri .... un immenso formicaio tra nevai e altipiani. Tutti i lati della valle sono ricoperti di case come una cascata; in cima a tutto cio' 500m piu in alto, c'e' El Alto, citta' satellite che conta lo stesso numero di abitanti della capitale, ma pressoche' tutti di etnia aymara', i margini della societa' boliviana, un ghetto in altipiano che si estende a dismisura e che di giorno si riversa in cerca di lavoro, proprio come una cascata, giu' a valle...


9 ottobre, the day after ..


Il secondo impatto e' stato altrettanto forte, inaspettato e decisamente entusiasmante...
Qui a La Paz siamo ospiti di Riccardo, bergamasco doc che da 30 anni vive qui in Bolivia, sposato con 5 figli, coordina un paio di progetti decisamente interessanti... fino a una trentina di ore fa lo conoscevamo solo via mail, ierisera ci ha accolti e dopo 10 minuti ci ha dett: "domani vado su al carcere minorile, il primo che siamo riusciti a fare aprire in Bolivia, togliendo i ragazzi dal carcere di san Pedro, sovraffollato di ogni gente, droga e corruzione... venite..!"
E cosi stamattina, che speravamo essere la prima in cui poter dormire dopo un paio di settimane di svegliall'alba, alle 6.45 eravamo pronti a partire, direzione Viacho, sobborghi di el alto (megasobborgo di La Paz)
Impatto notevole: una 50ina di ragazzi, meta' provenienti dal carcere di san Pedro, l'altra meta' invece arrivati direttamente dalla strada (passando attraverso il tribunale of course), tutti dai 16 ai 21 anni ... alcuni in pieno stile Filo, altri belli sgamati dalla vita, altri ancora che sembravano un po' diciamo ... speciali ...
Risultato: dopo partita di futbol, 1 ora di gioco senza neppure un fallo, uno sgarbo, un insulto, ci siamo ritrovati a imbastire un laboratorio di galletas (biscotti) con i 4 panaderos (4 ragazzi che fanno il pane per la comunita'). fin qui niente di particolare, io e il signor matti non facciamo altro che spignattare e mangiare... la cosa incredibile e' stato lo stile e il clima di tutta la mattina: entusiasmo, voglia di sperimentare, aiuto reciproco, coinvolgimento anche di quello che si e' presentato come il limpiador (ossia il lava teglie) ... in un paio di orette abbiamo sfornato quasi 300 biscotti al cioccolato, alla cannella, all'arancia, al limone e, udite udite, doppio biscotto con in mezzo strato di marmellata di papaya!!!!!!!!!!!!!


Encantadi siamo andati a pranzo con loro, appena un ragazzo rimaneva solo al tavolo, un altro gli si sedeva accanto per fargli compagnia...qui funziona che adulti e minori ricevono la stessa pena per lo stesso reato, tradotto: se ammazzi a 16anni sotto effetto di coca o alcol, becchi 30 anni come un adulto!


Pomeriggio di chiacchiere, racconti, visite (per alcuni) e poi ... preghiera di taize' nella cappella! lunga, intensa, ma loro l'han retta alla grande, tra guardie sonnolente e gruppetto invasatino francoboliviano; bellissime le preghiere di alcuni ragazzi.


siamo stati li' fino alle 21, chiacchierando anche con Elias, un ragazzo, laureato in scienze dell'educazione, contro il volere dei suoi, che fa il volontario qua con una fiducia gigante e altrettanta voglia di parlare ed essere accolto...


Non e'stata la domenica rilassante che speravamo, ma non riusciamo a immaginare una giornata meglio spesa e piu' arricchente!   

3 commenti:

  1. Che bello leggervi!
    Sembra anche a me di essere lì con voi, sull'altopiano...
    un abbraccio!
    Willy

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  2. Ebbravi i nostri sposini! Buen viaje! AeBB

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